Aprire un Ristorante, aprire una Pizzeria, è oggi relativamente semplice e quasi alla portata di tutti. Il problema è capire da subito cosa sia meglio aprire, dei due citati. E, questo, prima ancora di aver trovato quella cosa che farà distinguere il vostro Locale tra i mille della Concorrenza. Analizziamo la questione delle Pizzerie e della evoluzione della Pizza.

 

Tanti pensano ad Aprire una Pizzeria o Aprire un Ristorante - è ancora vero?

Stiamo sperimentando ovunque un aprire pizzerie ad un ritmo notevole, quasi fosse una nuova corsa all’oro, quasi fosse un nuovo Fiume Yukon da cui attingere oro a piene mani. Nonostante i numeri non dicano questo la Pizza, forse insieme al Sushi, è ancora una delle scelte obbligate da considerare per chiunque voglia aprire un ristorante e intraprendere così una attività nel mondo della ristorazione.

Che mercato ha ancora, però, la Pizza così come la conosciamo da sempre?

Negli ultimi due anni circa c’è stata una rivoluzione di forme e di condimenti là dove maggiore era l’integralismo relativo alla Pizza, ovvero Napoli e la Campania in generale, con la nascita di pizze dal cornicione estremamente pronunciato e dall’ancora maggiore sofficità e morbidezza. Anche i condimenti sono andati un po’ dappertutto oltre le classiche Margherita e Marinara, facendo comparire sempre più spesso nei menù delle pizzerie campane parole chiave come “territorio” e “ricerca”. L’uso poi aggressivo dei social da parte dei giovani pizzaioli locali ha infine comportato una accelerazione del fenomeno, provocandone una diffusione a catena altrimenti impossibile.

 

La Pizza è Cambiata, soprattutto a Napoli e dintorni

E' nata la Pizza Napoletana Contemporanea.

La diffusione di questi stili non è stata poi altrettanto pervasiva nel resto d’Italia, dove comunque l’attenzione del pubblico relativamente alla Pizza non è così alta e non coinvolge sui social i pizzaioli nazionali così come avviene per i colleghi campani, per i quali il disco di impasto è motivo culturale e anche di rivalsa sociale, non ultimo per le affermazioni economiche che sta portando ad alcuni di essi. Il modello esportato da Napoli per le aperture dei pochissimi nomi che si avventurano al di là del Garigliano è però ancora quello classico dei loro locali storici, con relative variazioni sui condimenti.

La cosa che però accomuna quanto fin qui descritto è quella della “diversificazione” del prodotto come elemento per attirare clientela. È indubbio, infatti, che nei fenomeni di emersione dalla massa sia necessario proporre qualcosa di nuovo, così come lo è nel momento del “following” di una determinata scoperta di successo. In questo, quindi, abbiamo visto nascere qui e lì proposte di forme di pizza sempre più strane, variate nella rotondità, o nelle ripiegature, o più comunemente nell’ampiezza del disco o nella commistione di ingredienti anche, a volte, immiscibili tra di loro per senso logico e gastronomico. Di conseguenza, dopo la nascita della Pizza “gourmet”, ultima innovazione diffusasi a livello nazionale, abbiamo così assistito qui e là sul territorio alla nascita di pizze che ospitano ingredienti cotti separatamente in cucina, di lingue di pizza chiamate “pale”, di “racchette”, di fiori, di pizze dipinte e chi più ne ha, più ne metta.

 

Non più Pizzaioli ma Pizza Chef

L’ultima definizione attualmente in voga è quella di Pizza Chef, per rientrare nella quale il pizzaiolo si completa di competenze proprie della cucina al fine condire in maniera più professionale il disco di pasta che stende. Purtroppo, però, queste figure oggi si fermano troppo spesso solo alle foto da social con sac a poche e pinzette in mano, in pose degne di cappelli tri stellati. Pochi sono coloro che si applicano in studi di cucina e/o si affiancano a validi chef per tempi superiori a una esibizione o a una foto.

Da questo indubbio fermento, comunque, pare scorgersi un indirizzo diffuso piuttosto deciso verso la riscoperta della pizza ripiena, definita Calzone a Roma o anche Ripieno a Napoli, con una affermazione crescente della variante fritta, non solo come ritrovato street food, ma anche come pietanza da gustare al tavolo. La possibilità di giocare con le farciture si sta via via riscoprendo, aprendo quindi il tutto a nuove sperimentazioni.

 

E la Pizza a Taglio? E il Fritto?

Analogamente, anche aprire una pizzeria a taglio è una buona ipotesi, anche economica, visto poi che la stessa si sta riproponendola farcita, tagliata nel suo mezzo e completata con il condimento anche superficialmente, dando così impulsi inaspettati alla fantasia dei pizzaioli. Appaiono invece in calo gli impasti realizzati con farine alternative e, in genere, ciò che si rifà a principi salutistici, complici le inchieste giornalistiche che hanno di volta in volta smontato alcune apparenze e, in genere, lo sgonfiarsi della moda “salutistica” nelle sue estremizzazioni, come una insensata lotta al glutine e quella ancora più accanita al lievito di birra, come dimostrato da varie fonti scientifiche reperibili sul web.

Il rilancio del Fritto, inoltre, sembra assecondare comunque il trend mondiale che vede da sempre numeri più alti nel cibo non definibile “salutare”. In questo, però, la ricerca di un fritto sempre più asciutto e dal maggiore apporto gustativo pare essere solo agli inizi e promette sviluppi interessanti.

In conclusione, si può affermare che in ogni caso l’orientamento generale volga verso la riconduzione dell’impasto al suo ruolo primario di contenitore, di piatto millenario che ospita i pasti delle popolazioni di tutto il mondo a questa latitudine, dal Messico all’Estremo Oriente, ognuno ottenuto con la farina dei cereali locali, dandogli nuove forme a vantaggio della fruibilità e del gusto complessivo di ciò che solo il genio italico ha saputo trasformare da “piatto” a Pizza, nobilitandone l’essenza.

 

Marco Lungo

 

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